Quando Pinocchio diventa grande: lo sviluppo della bugia nell’infanza

Buongiorno a tutti. Quante volte da piccoli abbiamo sentito frasi come “le bugie hanno le gambe corte o “se dici bugie ti crescerà il naso”! La bugia è sempre stata considerata, nell’immaginario collettivo, un fatto negativo associato a disonestà. Ciò nonostante, nei bambini la bugia è indicativa della loro scoperta che ciò che è presente nella propria mente, se non viene esplicitato, non può essere conosciuto dalle altre persone, promuovendo la capacità di distinguere la realtà esterna dai propri pensieri!

Nell’articolo di oggi cercheremo di comprendere come esistano diversi tipi di bugia e come queste tipologie si sviluppino differentemente nel corso dell’infanzia e in diversi contesti. Evidenze scientifiche suddividono, sulla base dell’intenzione individuale, le bugie in due categorie: antisociali e prosociali.

Le prime vengono raccontate per evitare conseguenze negative su di sé (menzogne associate ad una trasgressione) o per ottenere dei vantaggi (menzogne strumentali). Ricerche passate hanno dimostrato che le bugie associate a trasgressione sono meno frequenti tra i bambini che hanno dei genitori con uno stile controllante e autoritario, mentre i bambini con migliori capacità sociali hanno più probabilità di raccontare bugie per ottenere un guadagno personale.  Le bugie prosociali, al contrario, hanno la funzione di proteggere un’altra persona o di far apparire sé stesso cortese.

A tal proposito, Tarwar e colleghi (2019)hanno recentemente condotto uno studio con l’obiettivo di esaminare lo sviluppo dei diversi tipi di bugie nel tempo e in diversi contesti motivazionali, considerando un gruppo di 127 bambini in età prescolare e scolare. Essi sono stati sottoposti, in due sessioni separate, intervallate da un periodo di 2 anni, a quattro differenti situazioni standardizzate, in cui il bambino decideva se mentire o no. Nella prima sessione i bambini avevano un età compresa tra i 3 e i 6 anni, mentre nella seconda sessione l’età era tra i 5 e gli 8 anni. I risultati evidenziano che il racconto delle bugie prosociali e antisociali avviene in entrambe le sessioni. Tuttavia si è rilevato che una parte di bambini nella prima sessione racconta entrambi i tipi di bugie, mentre nella seconda si limita solo alle bugie prosociali. Ciò è coerente con la teoria dello sviluppo morale (Kohlberg) secondo cui il bambino passa da avere un ragionamento orientato verso il sé ad uno orientato anche verso gli altri. La proporzione di bugie associate alla trasgressione si riduce nel tempo similmente alla proporzione di bugie strumentali. Quest’ultimo risultato può essere spiegato dal fatto che i bambini più piccoli sono maggiormente sensibili alle ricompense rispetto alle potenziali conseguenze negative che invece i bambini più grandi riescono a considerare. Relativamente alla categoria delle bugie prosociali, la tipologia finalizzata all’aiuto verso un’altra persona aumenta con l’età, mentre la tipologia legata al tentativo di apparire cortese è presente in maniera consistente in entrambe le sessioni, suggerendo il suo sviluppo precoce nell’infanzia. Le abilità cognitive e i fattori sociali, diversamente da quanto ipotizzato sulla base di ricerche precedenti, non risultano essere predittori dello sviluppo della capacità di mentire, suggerendo che la relazione tra essi e lo sviluppo di tale capacità non è diretta, ma mediata da altri elementi.

In conclusione, tali ricerche sottolineano che con la crescita il ruolo della bugia diventa sempre più funzionale al mantenimento delle relazioni sociali e alla convivenza con le persone che ci circondano, superando la concezione negativa che da sempre accompagna la parola “bugia”. Ciò non significa che la menzogna non rappresenti una strategia maladattiva nel fronteggiare le situazioni, ma che con l’età l’intenzione sottostante è associata maggiormente ad una funzione pro-sociale. Sarà vero quindi il proverbio “meglio una cruda verità che una comoda bugia?”.

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