Oggi affronteremo un argomento molto attuale: il fenomeno dell’autolesività in adolescenza.
Questo fenomeno risulta ancora più rilevante se si considera che, secondo uno studio condotto nel 2012 da Muehlenkamp, Claes, Havertape e Plener, il 18% degli adolescenti dichiara di avere compiuto almeno un gesto autolesivo e tra il 4 e il 7% riferisce di averne compiuti ripetutamente.
Facendo un passo indietro, l’autolesività (Non –suicidal self injury o NSSI) può essere definita come l’infliggere danni in maniera intenzionale e diretta (per esempio tagli, graffi o bruciature di sigaretta) a diverse parti del proprio corpo senza avere un intento suicidario. Inoltre, i gesti autolesivi rientrano tra i criteri diagnostici del Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Tuttavia, diversi studi scientifici suggeriscono che gesti autolesivi possano essere compiuti anche da adolescenti o giovani adulti che non soffrono di DBP. Di conseguenza, la relazione tra autolesività e DBP rimane in parte da chiarire.
Un interessante contributo in questo senso viene da uno studio di Brown, Plener, Groen, Neff, Bonenberger e Abler (2017), che hanno preso in esame la sensibilità al rifiuto, una caratteristica riscontrata sia in adolescenti che compiono gesti autolesivi sia in giovani adulti che compiono gesti autolesivi nel contesto del DBP, e hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per vedere se in condizioni di esclusione o inclusione sociale si riscontrino delle differenze, anche a livello di attivazione cerebrale, tra questi due gruppi. Più nello specifico, i partecipanti allo studio erano 14 adolescenti che avevano compiuto gesti autolesivi e 15 adulti con autolesività e diagnosi di DBP. In più, partecipavano 15 adolescenti e 16 adulti sani con funzione di gruppo di controllo.
Quando osservavano una situazione di esclusione sociale, sia gli adolescenti con autolesività che gli adulti con DBP riferivano una più elevata percezione di rifiuto e mostravano una maggiore attivazione della corteccia del cingolo anteriore rispetto al gruppo di controllo. Nel momento in cui veniva mostrata una situazione di inclusione sociale, tuttavia, il gruppo di adulti con autolesività e DBP continuava a percepire una condizione di rifiuto da parte del gruppo, a differenza degli adolescenti con autolesività.
Questi risultati, hanno concluso gli autori, suggeriscono che gli adolescenti che compiono gesti autolesivi siano caratterizzati da una maggiore sensibilità all’esclusione sociale che, in età adulta, potrebbe evolvere in una maggiore vulnerabilità alle situazioni interpersonali in generale costituendo un fattore di rischio per il Disturbo Borderline di Personalità.
In conclusione, queste considerazioni possono essere utili nell’ottica di riconoscere situazioni di rischio già in adolescenza e di proporre interventi strutturati sulla base delle specifiche difficoltà e caratteristiche della persona.
